venerdì 9 settembre 2011

Scorie e dintorni...

Il problema delle scorie nucleari è ritornato d'estrema attualità dopo l'intenzione del governo di costruire nuove centrali nucleare sul suolo italiano, innescando una serie di polemice sulla reale necessità di introdurre questa fonte di energia o meno.
Senza entrare nel merito del problema, che è sicuramente delicato e richiede tempo per essere sviluppato, parliamo di scorie, riprendendo la vicenda degli Stati Uniti, dai test nucleari al monte Yucca.
Agosto 1945: una bomba colpisce Hiroshima, tre giorni dopo Nagasaki. Un'energia enorme viene liberata; per la prima volta le forze invisibili che tengono unito l'atomo vengono scisse, l'uomo è veramente padrone della materia, o forse no?
Negli anni '70 gli USA posseggono oltre 32mila (avete letto bene...) testate nucleari, cariche di plutonio (che per essere prodotto necessita di oltre 1000 tonnellate di uranio, per chilo di plutonio [1], che producono indirettamente una mole di scorie, che non include solo i rifiuti più pericolosi (uranio, isotopi), ma anche guanti, tubature, acque di scolo che devono essere sigillati e decondaminati con estrema perizia.
Rufiuti arrugginiscono al laboratorio nazionale di Los Alamos
Cosa fare con 47 mila tonnellate di combustibile radioattivo "spento" [2] (ciò non significa che emetta poche radiazioni, semplicemente che non è conveniente occupare la centrale con combustibile meno efficace, che quindi viene sostituito), di decine di tonnellate di plutonio, di uranio impoverito (che sostanzialmente è l'uranio 238 estratto, che poi viene separato dall'uranio 235, necessario negli impianti) e di tutto ciò che è servito per produrre ordigni e combustibile?
Il dipartimento dell'energia americano ha quindi pensato di interrare i rifiuti nel monte Yucca, nel Nevada. Ma questo non basta: bisogna decontaminare siti, fiumi , acque, demolire i reattori, dissotterrare rifiuti fatti sparire frettolosamente. In poche parole bisogna attivare una macchina imponente e non facilmente controllabile, anche dal punto di vista economico.
Ma la decisione di stoccare i rifiuti nel monte è a dir poco autolesionista: le infiltrazioni di acqua potrebbero danneggiare i fusti, che contaminerebbero la falda irreparabilmente. Per rendere "sicuro" il Plutonio sono necessari oltre 240mila anni. Siamo sicuri che fra qualche millenio a qualcuno non venga la tentazione di scavare quella montagna, maari in cerca di qualche giacimento, e si imbatta in fusti apparentemente innocenti, ma ne venga contaminato a sua insaputa.
I cilindri di Uranio impoverito a Paducah, in Kentucky.
Senza andare troppo in avanti nel tempo possiamo vedere gli effetti devastanti delle radiazioni nelle persone che trattano o hanno trattato scorie o prodotti dell'attività nucleare: Harold Hargan ha lavorato per 40 anni in un impianto nel Kentucky, essendo esposto a sua insaputa a plutonio e a radionuclidi. Ora soffre di cancro alla vescica e chiede un indennizzo di 150 mila dollari, ma la salute chi mai gliela ridarà? [3]
Il disinteresse totale appare evidente a Paducah, in Kentucky, dove 38 mila cilindri di uranio impoveriti vengono lasciati esposti all'aria, alle intemperie, contaminando la falda freatica irreparabilmente (i cittadini sono sostretti a importare l'acqua). Di questi esempi ne potremmo trovare tantissimi, come i luoghi dei test nucleari, che vennero effettuati senza alcuna conoscenza tecnica degli effetti delle radiazioni su animali e persone.
Ai posteri l'ardua sentenza: vedremo fra qualche anno se i decenni passati hanno definitivamente rovinato l'ambiente o se le precauzioni prese (per la verità poche...) sono state sufficienti.

Note:
[1] National Geographic Italia - Luglio 2002 - Pag. 8
[2] National Geographic Italia - Luglio 2002 - Pag.9
[3] National Geographic Italia - Luglio 2002 - Pag. 15

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