domenica 6 novembre 2011

La banalità della ricchezza

Appena ho un pò di tempo libero durante la settimana - per "soddisfare" la mia passione riguardante natura, società umane e innovazione -, navigo in due siti, The Guardian e National Geographic, che ritengo fonte (quasi..) inesauribile di interessantissime informazioni, molto spesso (senza fare di ciò una colpa, vista la situazione politica a dir poco burrascosa e al limite del grottesco del Bel Paese) ignorate dai canali d'informazione nazionali.
Proprio oggi mi sono imbattuto nella foto vincitrice del concorso "Enviromental Photographer of the Year" della National Geographic Society. Sono rimasto impressionato dallo sguardo dei due bambini, che forse hanno solo pochi anni d'età, ma che si vedono costretti a recitare un ruolo da "adulto", ad una vita di stenti, che probabilmente molti loro coetanei non riescono neanche ad immaginare.
Nella civiltà occidentale - ma ormai il fenomeno si verifica anche nei paesi dell'estremo oriente in rapido sviluppo, in primo luogo Cina -, si sta assistendo a un mutamento di costumi e abitudini impressionante: siamo passati dalla civiltà agricola di meno di un secolo fa (nel 1861 il tasso di analfabetismo in Italia era al 78%, ossia 3 persone su 4) a una società dei consumi sfrenati.
Si assiste tutti i giorni ad un'ostentazione della ricchezza, che non prevede un reale uso delle risorse vitali e accessorie, ma un'accumulazione compulsiva, al fine esclusivo di dimostrare quanto la nostra condizione sia migliorata.
Forse aveva ragione Rousseau, quando affermava che le arti e la tecnica hanno imbarbarito la morale e acuito le disuguaglianze sociale, accentuando la sopraffazione dell'uno sill'altro (citazione libera...).
Come dargli torto, quando vediamo che gli stati più avanzati dal punto di vista industriale sono quelli che sprecano (non solo consumano), in un certo senso sottraendo risorse potenzialmente (tengo a sottolineare la parola...) utilizzabili dall'umanità intera.
Numerosi studi hanno evidenziato che il "problema" della terra non è la penuria di risorse, ma la perversa distribuzuione delle stesse, che privilegia le zone dove il potere d'acquisto è più elevato e il ricavo economico più cospicuo.
Ma dobbiamo trovare un modo per cambiare: non possiamo continuare ad affamare una buona metà dell'umanità, pensando esclusivamente a noi stessi e alla nostra effimera condizione. Solo partendo da piccoli gesti quotidiani e ragionari potremo sperare in un futuro migliore per tutti, anche per noi.

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