domenica 23 ottobre 2011

Dietro il grana...

In questi ultimi anni la Lega Nord ha cercato di veicolare il concetto di una -presunta- Padania, luogo "mistico" e natio di un popolo che rivendica la sua autonomia. Ovviamente ogni popolazione ha una propria cultura, più o meno unitaria. Io onestamente non vedo nella zona di influenza del "dio Po" una grande unità culturale, ad eccezione forse della "santa" polenta, un'istituzione che ha sfamato generazioni e riscaldato nelle gelate invernali in pianura.
Ciononostante questo partito vuole (anche giustamente, sotto un certo punto di vista) tutelare i prodotti agroalimentari tipici di questa zona, fra questi il principe dei formaggi: il grana padano.
Ma da quanto emerge dall'articolo dell'International Herald Tribune - edizione internazionale del New York Times - ormai la produzione è totalmente nelle mani di lavoratori Sikh, in particolare nella provincia cattolicissima e "padanissima" (se mi concedete il neologismo) di Cremona.
Una lavoratrice extracomunitaria in un allevamento bovino.
Ovviamente da frotte di esponenti del Carroccio si sono levate grida indignate, pronunciate parole senza senso. Bisognerebbe ringraziare queste persone, che svolgono un lavoro ormai inviso ai giovani italiani, magari mal retribuito e sicuramente faticosissimo. Grazie ad essi un settore strategico dell'economia della penisola - la produzione agroalimentare - continua a generale introiti da export e consumo interno, nonostante una crisi dilagante.
Ma ormai sono molte le tipicità "in mano" a lavoratori "stranieri" (ma ormai perchè dobbiamo usare questa parola, quando dovremmo sentirci tutti cittadini del mondo?), come la fontina valdostana, o il fritto misto piemontese.
Non critichiamo in modo sterile queste manifestazioni di unione fra culture, nel reciproco rispetto. In fine dei conti un Sikh che produce grana non mina una tradizione, ma la perpetua.

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