Negli
ultimi anni – grazie all’estrema facilità di condivisione sui
social network – sono rispuntate come funghi (perchè origine
antica hanno) una serie di miti e credenze che potremmo includere
sotto la macrocategoria di pseudo-(false)-scienze.
Parlando
di questo argomento, ritengo che una premessa sia d’obbligo: non
penso che la maggior parte delle persone che crede a queste
facilonerie sia in cattiva fede, ma è specchio di ciò che la
società – in particolare italiana – è al giorno d’oggi.
Qualcuno
potrebbe dire: ’’Come fai a categorizzare sessanta milioni di
persone così diverse?’’.
Eppure
io dico: ’’Forse non sessanta milioni, ma molto ci avviciniamo’’.
Purtroppo questo morbo va diffondendosi anche tra gli
’’immunizzati’’, ossia medici e scienziati.
’’E
quale sarebbe questo morbo virulento e incurabile?’’
direste.
La
grande pestilenza è la totale ignoranza (nel senso più profondo del
termine) nel metodo scientifico e delle modalità di verificazione
delle asserzioni. Sfortunatamente, una denuncia verso ignoti nella
maggior parte dei casi cade nell’oblio; ciononostante posso
indicare un colpevole o quantomeno un indiziato – ahimè
bistrattato: la scuola.
Purtroppo
l’insegnamento nel nostro paese è profondamente focalizzato
sull’apprendimento di nozioni e concetti, ma talvolta è riluttante
a fornire chiavi di lettura più generali che ci consentano di
interpretare i fenomeni, le ’’lenti colorate’’ di kantiana
memoria.
Molti
di voi risponderanno: ’’Ma il metodo scientifico me l’hanno
imparato (sic, ndr) quando ho fatto quello...eh...il
pisano...quello della torre storta...Galileo’’.
E
io – come un’eco: ’’Ti
hanno mai mostrato come l’applicazione del metodo scientifico abbia
migliorato la comprensione dei fenomeni e potenzialmente portato a
una soluzione di un problema reale?’’ (faccia
assente e inebetita, ndr)
Struttura generica di una penicillina |
Ecco
il fulcro della questione: quasi nessuno ha la minima idea di come si
affronti un problema di natura scientifica, di come si dimostri – o
meglio si tenti di falsificare – il modello di un fenomeno. Per
molti un farmaco viene scoperto mescolando due sostanze in un antro
oscuro chiamato laboratorio e versando l’intruglio a un malato in
fin di vita: inutile parlare di drug design, di test in vitro, di
fase I, II, III o n-mila. Il losco figuro di fronte a voi non vi
capirà, ma penserà che voi con queste ’’parolone’’
stiate tentando di gabellarlo con i vostri ragionamenti capziosi e
sofisti.
Al
termine di questa disamina vorrei discutere brevemente di alcuni
punti che ritengo fondamentali alla comprensione del modo di agire
della Scienza. Riflettere su questi punti - ogni volta che si legge
una notizia - sicuramente gioverebbe :
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Chi scrive una cosa ha fornito delle prove a sostegno della stessa? Si tratta di una verità calata dall'alto? Tenete bene presente che chi afferma un fatto ha l'onere della prova, non il ricevente. Inoltre non è sufficiente dire ’’un team di scienziati di Harvard’’, ma è necessario riportare per intero la fonte, al fine di consentire al lettore di verificare in prima persona il contenuto della ricerca.Ricordate che grandi affermazioni esigono grandi prove: verifiche severissime e conferme schiaccianti sono l’unico antidoto quando si afferma di poter curare tutto con una semplice formula.
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Non importa quanto famoso o importante sia chi afferma qualcosa. La Scienza ha l’aspirazione di essere democratica, per questo richiede prove anche ai premi Nobel. Scienziati eccezionali come Linus Pauling o Luc Montagnier hanno affermato fatti non verificati, spacciandoli per verità (vedi ’’sindrome da onnipotenza da Nobel’’) (1). Ovviamente la comunità scientifica non ha accettato queste credenze e questo ha parzialmente danneggiato la reputazione di questi personaggi. D’altra parte questo ha causato il sommo gaudio della schiera di ’’complottari’’, che hanno assurto questi eminenti scienziati a paladini del loro credo (rispettivamente della ’’medicina’’ ortomolecolare (2) – che prevede l’assunzione di enormi quantità di vitamina C e dell’antivaccinismo).
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Il corpo umano è una macchina estremamente complessa (vi invito a consultare per curiosità la Roche biochemical pathway (3), che mostra in maniera schematica le via biochimiche attualmente conosciute) e come tale richiede soluzioni ’’su misura’’. Allo stato attuale delle conoscenze, curare il cancro con il bicarbonato non è possibile, anche perché non è ovvio capire quale possa essere il meccanismo. Ma come scienziato sono pienamente disposto a condividere il contrario, se mi verranno fornite le prove e una spiegazione (la Scienza è la disciplina più anti-dogmatica che esista).
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Il fatto che un articolo sia pubblicato su una rivista di grande valore non esime dalla valutazione critica del contenuto dell’articolo: spesso i titoli sono volutamente enfatici e non riportano fedelmente quello che viene esposto. Inoltre non sono infrequenti casi di ’’scientific misconduct’’, che hanno portato interi articoli ad essere ritrattati in quanto basati su dati creati ad-hoc. Un esempio eclatante è questo articolo di Science (4), non proprio il giornalino dell’oratorio.